I libri di Marco Cappadonia Mastrolorenzi “21 febbraio 1849” (uscito nell’estate dello scorso anno) e quest’ultimo “Dante. L’ultima notte a Ravenna” (entrambi editi dal Gruppo C1V, Collana Scientia et Litterae) mi inducono ad una riflessione: l’autore desiderava davvero intraprendere la carriera di docente oppure nel suo “porto sepolto” vi era l’aspirazione a diventare un bravo e abile sceneggiatore di programmi scientifici o (magari) regista?
L’impostazione dei saggi citati, infatti, danno la certezza di creare un’ottima sceneggiatura unita ad una fervida fantasia per poterne anche ricavare una pellicola originale.
Il registro narrativo usato dallo scrittore mi spinge a una ulteriore e breve riflessione, non tanto sui contenuti - cosi evidenti e puntuali - quanto sull’equilibrio che traspare, a mio avviso, dal loro assetto scientifico su basi umanistiche, segno di profonda cultura, e di chiara organizzazione e giusto metodo nel proporre le argomentazioni più diverse che pure tendono all’unità del Sapere.
C’è ovunque un sapore “transdisciplinare” (passatemi il termine), dove si intrecciano i diversi saperi che insieme concorrono a letture trasversali, ma attraverso un’unica lettura (e non mi pare vi siano molti libri fatti in questo modo).
E ora uno sguardo al testo “Dante. L’ultima notte a Ravenna. Dalla Terra alle stelle”. Innanzitutto notiamo la costruzione sceneggiata. Un reporter si trova a Ravenna e osserva il cielo stellato, quello stesso identico cielo che Dante avrà guardato quell’ultima notte trascorsa a Ravenna prima della sua missione.
Il reporter ci descrive anche Ravenna con le sue bellezze, con gli antichi chiostri francescani, la Basilica di S. Francesco e la Zona del silenzio da cui ci parla: un momento suggestivo che fa percepire anche a noi lettori il silenzio e la quiete.
Ci informa, inoltre, che Ravenna ospita le cosiddette Otto Meraviglie del patrimonio mondiale dell’Unesco. La nona non potrebbe essere la Tomba di Dante da cui l’inviato televisivo ne descrive le varie vicissitudini legate al Sommo?
Ed ecco l’incontro con il prof. Piergiorgio Odifreddi. Ora la conversazione acquista uno spessore specifico umanistico-scientifico: dalla numerologia al significato di Scienza che si possedeva nel Medioevo. Molto interessanti sono le pagine dedicate alla simbologia e al rapporto dei vari piani del sapere (per così dire) e alla metodologia scientifica al tempo di Dante. In seguito il prof. Odifreddi chiarirà quando ha inizio il dibattito scientifico sulla cosmologia dantesca, e come funziona matematicamente e geometricamente questa visione. Da sottolineare le pagine dedicate all’astronomia e all’astrologia, e all’importanza che Dante dà all’influsso delle stelle, sostenendo, però, il nostro libero arbitrio. Di notevole importanza il significato della cristianizzazione dell’astrologia operata dal Sommo poeta come viene evidenziato nei canti di Saturno (XXI e XXII del Paradiso). Nelle pagine dedicate
alla figura di Beatrice ci sono delle interessanti curiosità.
La “seconda puntata” è davvero una sorpresa che non svelerò e che evidenzia, ancora una volta, la fervida immaginazione dell’autore, ma che poggia su fondamenti scientifici. Ci renderemo conto delle varie scoperte effettuate in campo astronomico, iniziando proprio da Copernico, fondatore dell’astronomia moderna, e
proseguiremo con Galilei (il padre della scienza moderna), Newton, e tanti altri nomi
famosi a cui dobbiamo le varie esplorazioni spaziali, per finire con James Webb il telescopio spaziale che dovrebbe essere lanciato in orbita alla fine del prossimo ottobre 2021.
Ma sta albeggiando, le strade si stanno movimentando di passanti, bisogna congedarsi? Ma non prima di altre sorprese e ospiti nel finale. Non posso chiudere questo mio commento senza alcune riflessioni personali.
Gli interventi da studio sono encomiabili e sono la struttura portante di tutto il libro di Marco Cappadonia Mastrolorenzi a cui va tutta la mia ammirazione in quanto denotano l’eccellente conoscenza delle tematiche che vengono poste al prof. Odifreddi. Tutto il libro è pervaso da un’atmosfera surreale (affascinante), e ci sentiamo anche noi trasportati verso le stelle pur chiedendoci: “A che tante facelle? (…) ed io che sono?” (G. Leopardi, Canto notturno di un pastore errante dell’Asia).
Un’ultima considerazione. Scrive Proust: “Una delle grandi e meravigliose caratteristiche dei bei libri (che ci farà comprendere la funzione a un tempo essenziale e limitata che la lettura può avere nella nostra vita spirituale) è questa: che per l’autore essi potrebbero chiamarsi “conclusioni” e per il lettore “incitamenti. Tutto quello che lo scrittore può fare è solo di ispirarci dei desideri.” È una definizione che trovo molto calzante per la lettura di questo testo di Cappadonia Mastrolorenzi.
L’autore ci spinge, così, a farci “ispirare desideri” (e all’amore per la conoscenza): non solo a noi adulti, docenti o meno, ma ai giovani studenti che dalla lettura di questo testo potrebbero approfondire diversi aspetti delle culture specifiche.
Realizzabile? Ce lo auguriamo fortemente.
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