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No Guru. Il libro sulle sette e i loro difensori


La retorica del "politicamente corretto", quella nata con l'intenzione di non arrecare offesa ad alcuna categoria, ha investito anche l'ambito degli studi sociali. La definizione "Nuovo Movimento Religioso" è uno dei prodotti di questo conformismo linguistico; sostituisce il temine "setta", perché effettivamente connotato negativamente.

È giusto non utilizzare termini denigratori per gruppi spirituali che possono essere innocui, ma molti altri aggregati continuano ad essere dei culti totalitari, costrittivi ed abusanti nonostante la nuova etichetta. Spesso non sono nemmeno "nuovi" e neppure prettamente "religiosi". Insomma, quello che può apparire come un encomiabile sospensione del giudizio può talvolta trasformarsi in una distruzione delle caratteristiche differenziali in grado di farci discriminare i fenomeni da altri che sono solo apparentemente simili. Da ciò traggono vantaggio, non i gruppi innocui e democratici, ma quelli totalitari e criminali, difesi dalla stucchevole coperta del politicamente corretto.

Ad alimentare tale talvolta dolosa confusione sono alcuni studiosi noti nella letteratura scientifica come "apologeti dei culti". Questi autori difendono i culti minoritari più discussi sulla base del diritto alla "libertà religiosa" e sulla scorta di uno pseudo-relativismo che invece di difendere i gruppi innocui dalla persecuzione, comporta lo sdoganamento di quelli criminali e degli abusi che vi si compiono.

Luigi Corvaglia, nel libro "No Guru. Le sette e i loro difensori" (C1V Edizioni, 2020, collana Scientia et Causa), mette in luce per la prima volta il cortocircuito logico in cui cade chi intenda difendere il totalitarismo in nome della libertà, cioè di chi pretende il diritto di negare i diritti garantiti dalla società liberale e democratica in nome dei principi liberali e democratici.

L'elemento maggiormente innovativo del testo si ritrova nella rigorosa analisi della logica degli argomenti dei difensori dei culti effettuata con strumenti provenienti dalla psicologia sperimentale, dall'economia e perfino dalla filosofia politica, al fine di metterne in evidenza le fallacie e le aporie. L'autore procede anche ad una tipizzazione degli "apologeti dei culti" che ne evidenzia le caratteristiche in ombra (ad esempio, la analogia fra il "differenzialismo" di certi studiosi e il razzismo culturale della Nuove Destra) e, con ciò, la incompatibilità con altri apologeti, quali quelli che si pretendono "liberali". Viene poi evidenziata la contiguità culturale e filosofica di un sottogruppo di "apologeti" con il mondo della Destra economica e politica "paleolibertaria", cioè del "liberismo cristianista" americano. Per finire, l'autore propone un modello di persuasione indebita coerente, congruo con le acquisizioni della psicologia sperimentale e in grado di conciliare la manipolazione e la scelta individuale. Ciò depotenzia le critiche degli "apologeti" i quali criticano il concetto di "lavaggio del cervello", rivendicando, in modo apparentemente libertario, la libera scelta dell'adepto.

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