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C'era una volta il giocattolo


Immagine: Les Enfants - Etienne Dinet

Noi che per telefonare usavamo il gettone e per ascoltare la musica avvolgevamo le cassette nel walkman. Noi che nel giro di pochissimi anni siamo passati dalla terza rivoluzione industriale, con la scoperta dell'energia atomica e la globalizzazione dei mercati, all'"Industry 4.0" e al sistema ciberfisico.

Chi ricorda la propria adolescenza negli anni ‘80 appartiene all'ultima generazione cresciuta senza click sulla tastiera o sugli smartphone. L'ultima generazione "off-line". Una volta c'era il giocattolo, c'erano i giochi all'aria aperta, c'erano i negozi di giocattoli dove i ragazzi delle generazioni a cavallo di due millenni si sono alternati per comprare quei fantastici compagni di viaggio con cui hanno sognato, costruito castelli, inventato storie. E oggi?


La riflessione nasce dalla chiusura a Roma di "Birillo".

Un negozio come di quelli di una volta, il negozio di giocattoli, come quelli con cui si giocava una volta, dove i ragazzi delle generazioni a cavallo di due millenni si sono alternati per comprare quei fantastici compagni di viaggio con cui hanno sognato, costruito castelli, inventato storie. I giocattoli. Chiude non perché oggi si giochi online, tutti connessi, ognuno a casa propria. Chiude perché il titolare ci ha lasciati, portando avanti fino all’ultimo soffio di vita la sua impresa di mantenere vivi i giocattoli.

Un tempo il negozio era anche il riferimento per i regali di Natale e puntualmente ogni anno Il Birillo metteva a disposizione di bambini e adulti la cassetta per imbucare le letterine a cui affidavano i propri desideri più forti. Da Birillo si poteva trovare di tutto, dalle ultime novità ai giocattoli intramontabili, dai peluche ai bambolotti, zaini, costumi di carnevale, cancelleria, puzzle, giochi da tavolo, trenini, palline, biglie, oggettistica. Con Il Birillo si chiudono le saracinesche di un’epoca dove l’avvento di internet ha cambiato anche il modo di giocare e di essere bambini e ragazzi, oggi dal touch facile e dal joystick sempre in mano, diventati essi stessi prodotti inconsapevoli di un’industria 4.0. Incollati ai monitor di una consolle, di un pc, di un tablet o di un cellulare, i bambini e i ragazzi del XXI secolo si ritrovano catapultati in una relazione virtuale con altri distanti e spesso sconosciuti giocatori connessi online.


Come osserva Piero Angela in “Viaggi nella scienza” (1982):

“È facile capire quanto sia importante la scelta dei giocattoli: spesso i genitori scelgono giocattoli belli, ma solo contemplativi, o passivi. Dopo un po’ il bambino si annoia. Oggi esistono molti giocattoli educativi che tengono conto di queste esigenze creative del bambino, ma c’è ancora parecchio spazio per migliorarli e inventarne di nuovi. Sarebbe anzi augurabile che pedagogisti, inventori, artisti, scienziati, si dedicassero a questo importantissimo compito: quello cioè di trovare gli attrezzi più adatti per favorire lo sviluppo del cervello proprio nel periodo più sensibile“.


La quarta rivoluzione industriale ha portato nel giro di un brevissimo tempo un cambiamento radicale al quale non eravamo preparati e che tuttora non sappiamo gestire. Piuttosto sembra che sia il cambiamento a gestire noi, le nostre abitudini, il modo di crescere in questa nuova era. La storia ci ricorda come sin dall’antichità esistono giochi immortali, raffigurati nei reperti archeologici, dalla corda all’aquilone, dall’altalena a giochi frutto essi stessi della fantasia. Se il primo legame con il mondo è il gioco, la fantasia e l’apprendimento sono due binomi imprescindibili del giocattolo, la cui evoluzione delinea l’evoluzione stessa della società. È con l’avvento dell’Illuminismo, nel XVIII secolo che il giocattolo assume una funzione anche pedagogica, di conoscenza. Il progresso scientifico e successivamente quello tecnologico hanno influito sulla sua evoluzione, fino ad arrivare ai giorni d’oggi all’offerta digitale e a un nuovo modo di giocare e di relazioni nel gioco.


La chiusura di Birillo e lo sviluppo dei giochi online ci riporta alla riflessione di Charles Baudelaire (Morale del giocattolo, su le Monde littéraire, 1853): “I giocattoli diventano gli attori della vita immaginaria cui i bambini danno vita nel giocare grazie alla propria fervida immaginazione”. Osserva Alberto Manguel in “Una stanza piena di giocattoli, 2012): “I giocattoli sono il nostro tentativo di comprendere il mondo” e non possiamo che concordare con quanto afferma Alessandro Morandotti (Minime, 1979/80): “Da piccoli abbiamo i giocattoli. Da grandi, i sentimenti”. Nulla è come prima, ma ciò che sarà dipende sempre da noi.


Dall'articolo di Cinzia Tocci su EA Magazine - 4 maggio 2018

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